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Cieli Segreti. Trattato di magia talismanica. Intervista a Elisabetta Tortelli.

Mimesis edizioni ha recentemente pubblicato “Cieli segreti. Trattato di magia talismanica” a cura di Ezio Albrile ed Elisabetta Tortelli, collana Abraxas.

Ezio Albrile si è occupato per decenni di problemi legati al dualismo religioso e ai suoi risvolti “misterici”. Uno dei temi prediletti è stato lo gnosticismo, la cui «mitologia», elaborata da saggi e da teosofi, ha svolto una funzione determinante nella storia della coscienza e dell’immaginazione europea, dapprima in epoca ellenistica, poi all’inizio del Rinascimento, e poi ancora nel secolo del Lumi e nel Romanticismo tedesco, e continua a essere presente tutt’oggi e non soltanto nelle creazioni poetiche. Scrive anche su argomenti meno «ortodossi» come il complottismo contemporaneo oppure l’esoterismo dei Led Zeppelin. Fra i suoi lavori: Led Zeppelin esoterici. Visioni e allucinazioni dagli alchimisti agli psichedelici (2024); Il cardinale mago. Gnosi, ermetismo, teurgia e i misteri di un codice scomparso (2020); Fantascienza e gnosticismo. Realtà alternative e mondi paralleli tra antico e moderno (2022); Angeli e diavoli. Le origini di un mito (2020); Alchimia. Ermete e la ricerca della vita eterna (2018); Nei luoghi oscuri della magia. Zorastro, l’occulto e altre anomalie (2022); (…) ha curato Picatrix-De Radiis per Mimesis Edizioni (2018); De radiis. Teorica delle arti magiche. Un trattato medievale di magia naturale e astrologica fondamentale per l’Islam e l’Occidente (2014).

Elisabetta Tortelli è Docente di Letteratura italiana e dottore di ricerca in Civiltà dell’Umanesimo e del Rinascimento. Si è occupata di letteratura dell’epoca laurenziana e in particolare dell’umanista Giovanni Nesi, letterato e filosofo dell’Accademia neoplatonica di Careggi, per il quale ha redatto la voce biografica del Dizionario biografico degli italiani (Treccani). Ha svolto collaborazioni con l’Università di Firenze, con la Biblioteca Apostolica Vaticana, con l’Accademia della Crusca. È autrice di saggi su riviste e miscellanee di studi internazionali. Fra i suoi interessi il mondo dell’astrologia e della magia medievale e rinascimentale. Fra i suoi contributi: Per il Canzoniere di Giovanni Nesi (2010), Feritas e divinitas nelle donne degli umanisti (2012), Almandal. Trattato ermetico di magia salomonica con Ezio Albrile (2018), Giovanni Nesi e il suo omaggio a Leonardo da Vinci: una inedita postilla in «Raccolta Vinciana», XXXVIII (2019). Il magico e il mirabile nella Tavola Ritonda in Il racconto del Graal. Un mito universale fra storia, culture e simboli a cura di Giacomo Maria Prati e Alessandro Coscia (2021), Il Canzoniere di Giovanni Nesi fra esoterismo ficiniano e apocalittica savonaroliana in Ad posteritatem. Studi in onore di Luisa Rotondi Secchi Tarugi (2023); Draghi di carta in Draghi, simboli, miti, iconografie in Rivista di Studi Indo-Mediterranei XV (2023).

Astrologiatradizionale.it ha recentemente intervistato la dottoressa Elisabetta Tortelli, con alcune domande sul concetto di talismano e sul saggio di recente pubblicazione.

Cosa sono i talismani e la magia talismanica?

La disciplina astrologica è anche nota come apotelesmatica, poiché gli astri sono ritenuti apotelestikoi, «che conducono ad un fine, produttivi», quindi gli astrologi sono anche noti come apotelesmatologoi e i trattati di astrologia prendono spesso il nome di Apotelesmatika, «Sull’influsso degli astri»; la parola passerà nel mondo arabo (tilsam, tilism, tilasm) e servirà da base etimologica e teorica per il «talismano». Quindi il vocabolo ‘talismano’ implica un’idea di ‘influsso’ e di vincolo con un potere ‘altro’, astrale – per tale motivo diventerà centrale nelle pratiche astromagiche inclini a cogliere e soggiogare gli ‘spiriti’ planetari.

E l’amuleto, cos’è?

Diverso è l’uso della parola ‘amuleto’: se accettiamo l’etimologia dal latino amoliri «respingere», nell’amuleto si deve riconoscere infatti un oggetto magico dalle funzioni unicamente apotropaiche, in grado di allontanare il male dalle persone che lo indossano o anche di proteggere animali o luoghi particolari, la casa, i campi, la stalla, etc.; il termine è anche equivalente di filatterio, dal tardo latino phylacterium (< greco phylassein «difendere, proteggere»).

Che idea c’era di questo manufatto tra medioevo e rinascimento?

Nella magia astrale si opera una congiunzione fra identità celeste e virtù terrena, il Mago ermetico deve quindi mettere in atto una serie di azioni il cui fine sodale è l’acquisizione di uno spirito planetario «racchiuso» nel talismano. Invocazioni, scongiuri e rituali spesso molto complessi, in cui le specificità di ogni singolo pianeta o astro sono messe in relazione con i rispettivi colori, pietre preziose, minerali, scale musicali, essenze e profumi, sono i coadiuvanti materiali per portare a termine tale azione magica.

Un esempio deteriore della percezione di questi materiali magici sta nel monaco Eustachio, un individuo privo di ogni virtù cristiana. Tra le sue altre qualità tutt’altro che eccellenti c’era quella di dilettarsi anche nelle arti magiche. Lo fece solo dopo averle apprese nella città iberica di Toledo, patria di studiosi e traduttori arabi, ebrei e cristiani. Fu lì che apprese «mille scongiuri, mille sortilegi, mille vaticini». Mentre era a Montferrand in Occitania, venne alle mani in una taverna e lanciò un incantesimo, costringendo l’oste e i suoi clienti a spogliarsi, a cavalcare le botti del vino e ad inscenare un banchetto osceno. Successivamente, Eustachio scagliò un altro sortilegio ai danni di un carrettiere, facendo andare il carro e il cavallo all’indietro anziché in avanti. Una volta giunto al monastero, creò scompiglio producendosi in altri incantamenti: i monaci digiunavano quando dovevano mangiare, andavano scalzi quando avrebbero dovuto indossare le scarpe, e bestemmiavano quando era richiesto il silenzio. Quindi mutò un pezzo di lardo in una vecchia megera, terrorizzando il cuoco. Infine, dopo aver sottratto i crocifissi, le statue e i libri del monastero, se li giocò in una taverna. Era un vero delinquente e la magia gli serviva per imporre la sua volontà di folle.

Nel saggio proposto, si cita un certo “Pseudo Abele”. Di chi si tratta?

Si racconta che dopo il diluvio, Ermete Trismegisto, il grande maestro di ogni magia, era giunto a Ebron, la città dove avevano vissuto Adamo, suo figlio Abele e la maggior parte dei saggi antidiluviani. Qui aveva riscoperto una serie di lapidi marmoree scolpite e nascoste dagli antichi filosofi; tra queste, erano venute alla luce le pietre alle quali Abele aveva affidato la memoria della dottrina dei talismani o praestigiorum scientia, la prima e la più perfetta di tutte. Ermete, a sua volta, racconta di aver rinvenuto prima la stele relativa al tredicesimo talismano del Liber Lunae, di averne seguito le istruzioni e di averne constatato l’efficacia; avrebbe poi ritrovato le pietre contenenti le istruzioni per gli altri diciannove talismani dello stesso libro e successivamente quelle dei rimanenti sei libri.

Cosa troveremo in questo saggio?

Edizione e traduzione del testo a cura della sottoscritta che fa anche l’introduzione, saggio postfativo di Albrile su cosa è l’ermetismo. L’introduzione è suddivisa in paragrafi che trattano dell’uso dei talismani presso il mondo delle corti e quello degli artisti:

  • un excursus nella storia del pensiero e in quella dell’arte;
  • Paragrafo 1: Astri a corte;
  • Paragrafo 2: Il cielo in una stanza;
  • Paragrafo 3: Talismani d’artista.
  • Segue il commento al Liber planetarum ex scientia Abel e relativa traduzione.
  • Conclude il libro il capitolo di Albrile dal titolo: Ermete filosofo, alchimista, mago.

La magia talismanica, magia naturale e magia cerimoniale: quali connessioni e quale background culturale?

La magia talismanica si distingue dalle altre forme di magia, per la sua peculiarità di “intrappolare” in un oggetto uno spirito astrale e soggiogarlo alla propria volontà, in un certo senso è la forma più arcaica del rapporto che legava il Faust delle leggenda al suo mentore magico Mefistofele. Il retaggio di tale magia si può anche ritrovare nei cosiddetti «papiri magici greci». Questi, come indica il nome, erano quasi tutti redatti nella lingua divenuta dominante dopo la conquista di Alessandro – il greco, appunto –, ad eccezione di una minoranza di testi in demotico (il sistema di scrittura allora utilizzato per la lingua nativa). In seguito (a partire dal II sec. d.C.) si sarebbe affermato il copto, basato sul greco con l’aggiunta di sette grafemi presi dai segni geroglifici; parte dei testi magici saranno quindi redatti anche in questa lingua. Gli atteggiamenti, le tecniche e i soggetti delle azioni magiche di questi scritti si collocavano a metà strada tra il proseguimento dell’antecedente tradizione egizia, e l’immissione di nuovi contenuti.

Per la realizzazione di questo saggio, da dove è partita?

Sono partita dallo studio della rinascita culturale che nel XII secolo rappresenta una tappa fondamentale nell’interscambio fra Oriente e Occidente: nuovi insegnamenti giungono nell’Europa medievale attraverso due passaggi obbligati: la Sicilia federiciana e la penisola iberica. La presenza, nelle terre e città riconquistate all’Islām, come Palermo o Toledo, di un ceto di dotti arabi ed ebrei, depositari di testi e di dottrine ancora ignote all’Occidente, rende più facile l’acquisizione da parte della cultura occidentale di un complesso di nozioni che si assimilano rapidamente con l’arcaico sfondo platonico delle cosmologie dell’Alto Medioevo. A Toledo, in particolare, una grande quantità di letteratura araba sopravvive alla riconquista cristiana del 1085, e nel corso dei secoli XII e XII una attiva scuola di traduttori diffonde in tutto l’Occidente medievale le versioni latine di Aristotele, Tolemeo, Euclide, Ippocrate e dei loro commentatori arabi; testi che – nonostante le prime condanne – furono la base dello studio e dell’insegnamento nelle neonate Università europee (meglio sarebbe parlare di Studium generale).

A chi dobbiamo questo moto culturale?

L’impulso a questo moto culturale si deve a Raimondo, arcivescovo di Toledo dal 1126 al 1151; ma sarebbe un errore guardare a questo movimento come limitato a Toledo. I traduttori toletani erano in rapporti, quanto stretti non lo sappiamo, con una cerchia di eruditi di altre regioni, fra cui Adelardo di Bath (1080-1152), Ugo di Santalla, Platone da Tivoli (1110-1145), Roberto di Chester (anche noto come Roberto di Ketton, ca. 1150), Ermanno di Carinzia (1100 ca.-1160 ca.) e i suoi discepoli Gerardo da Cremona (1114-1187) e Rodolfo di Bruges, che operavano soprattutto su argomenti astrologico-astronomici in varie città del nord della penisola iberica e probabilmente nel sud della Francia. Platone da Tivoli, che si trovava in Spagna sin dal 1134, era collegato particolarmente a Barcellona, mentre Ugo di Santalla a Tarazona; Ermanno e Roberto compaiono per la prima volta nel 1141 come studenti di astrologia sulle rive dell’Ebro, e si può seguire il loro itinerario tra Segovia, Leon, Tolosa, Béziers e Pamplona, dove Roberto divenne arcidiacono. Gran parte di questi testi trattavano di argomenti astrologici fusi con elementi teurgici ed ermetici, creazione originale di autori di lingua araba che contaminarono l’eredità della magia tardoantica con tradizioni orientali e con altri materiali astrologici.

Quale il più celebre?

Il più celebre fra tutti fu Ṯābit ibn Qurra (826-901 d.C.). A quest’ultimo era solitamente attribuito il De imaginibus planetarum o Liber praestigiorum, un testo fondamentale per la conoscenza dell’astromagia nel mondo latino. L’opera, le cui origini rinviavano a Ermete, ebbe un grandissimo seguito nel mondo medievale: tradotta da Adelardo di Bath e Giovanni da Siviglia (Johannes Hispalensis), venne citata da Alberto Magno, da Pietro d’Abano, da Cecco d’Ascoli e, nel XV secolo, da Marsilio Ficino.

Secondo Ṯābit ibn Qurra, nella teoria delle immagini si univano astrologia e magia: la costruzione dell’immagine astrologica si fondava sulla corrispondenza delle configurazioni celesti con le cose terrene. Ma il passaggio dall’influsso astrale alla riproduzione fittizia della costellazione e quindi l’uso della stessa nella pratica astromantica, era dominio di una vera e propria magia cerimoniale e di una particolare tecnica detta delle electiones e delle interrogationes: si trattava di una serie di procedure e di azioni magiche indirizzate ad invocare gli spiriti dei pianeti tramite immagini e sigilli.

Note finali: dove prenotare / acquistare Cieli Segreti

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