Breve stralcio, di una prossima pubblicazione di un manuale sull’Astromagia e l’arte dei talismani.
[…] Chi è il creatore di un talismano?
Osservo come il creatore di un talismano incarni una serie di mitologie cosmogoniche, in particolare appare un imitatore delle opere di Dio. Come fa il demiurgo, il creatore di un talismano dà vita ad un oggetto animato, dotato di nature e di un destino o fato:
- l’intento del mago astrologo è creare un oggetto dotato dell’anima del mondo e intriso di virtù celesti, come Dio ha creato ogni cosa dotandola di proprietà e virtù secondo la Legge Naturale che regola questo mondo;
- come fa Dio nelle descrizioni ermetiche, il creatore di un talismano è a conoscenza delle virtù celesti e terrestri, dunque le mischia, le elabora, le attrae, le usa come fossero colori di un pittore, per realizzare la sua opera finale;
- attinge, cioè, alle infinite sfumature del mondo celeste e terrestre, anima l’oggetto talismanico di proprietà che vanno a costituire la struttura di una identità talismanica;
- infatti, tenta nella sua opera di unire: virtù vegetative che sono proprie del regno delle piante (uso di erbe, resine e altri elementi, in questo regno possiamo far rientrare anche i minerali, le gemme, ovvero le pietre utilizzate nell’arte talismanica); virtù sensitive che sono proprie degli animali (uso di sangue o parti di animali che rintracciamo in numerose misture destinate alle suffumicazioni ma spesso appaiono anche come elementi strutturali dei talismani, molti di essi sono creati su pelle di animale); virtù intellettive (che sono collegate alle parole del mago astrologo, agli inni, alle evocazioni, ma anche alla volontà stessa creatrice dell’operatore). Tutto ciò è poi plasmato di un fato o di un destino: sull’oggetto talismanico è impressa una architettura, un progetto di vita, è ciò che l’oggetto deve fare (che si ricollega al momento elettivo ovvero alla carta di nascita del talismano, all’uso delle immagini che hanno lo scopo di infondere nell’oggetto talismanico una sorta di destino, come può essere l’immagine definita da Della Porta di scopo, come per quella di due persone che si abbracciano e si baciano e che ha la finalità di imprimere nel talismano il suo compito, il suo destino, la sua finalità);
- questa complessa procedura è poi ritualizzata, sacralizzata da un atto che richiama l’idea di una cerimonia, come se il mago astrologo dovesse alla fine imporre un soffio finale all’opera creata, rendendola viva, cioè capace di esercitare alla fine una propria e autonoma virtù.
Nella magia astrologica naturale abbiamo ereditato una complessa e ricca letteratura non sempre congruente, spesso anzi contraddittoria, dove rintracciamo elenchi di stelle, immagini, pianeti, segni, decani messi in analogia a varie nature e proprietà, dotate di scopi talismanici. Il trattato sicuramente più complesso è quello che va sotto il nome di Picatrix, la cui paternità non è attribuita ad Ermete ma l’opera lo rievoca frequentemente. Il Picatrix è stato scritto originariamente in arabo, si stima intorno all’XI-XII secolo. Secondo i ricercatori consultati, il Picatrix è un concentrato di nozioni gnostiche ed ermetiche collegate al mondo arabo di Harra’n e sono evidenti le influenze sabee. L’opera presenta numerosi passaggi che non possono che essere definiti “ermetici”, proponendo o suggerendo una serie di indicazioni per la realizzazione di talismani ma anche per altre azioni magiche. Del Picatrix esiste una traduzione latina, nella premessa all’opera si narra che è stata tradotta dall’arabo allo spagnolo per ordine di Alfonso il Saggio; purtroppo però va considerato il fatto che l’opera originale non è sopravvissuta o comunque ancora oggi non risulta reperibile. A noi sono arrivate, dunque, ri-trascrizioni: non possiamo non considerare la possibilità di revisioni come era solito accadere nelle ritraduzioni, dove spesso si aggiungevano od omettevano certe questioni per adattarle alla cultura dominante o alle preferenze culturali e ideologiche (e spesso religiose) del traduttore. Lo stesso Pingree ha evidenziato diverse contraddizioni nelle varie traduzioni del Picatrix consultate: in alcune di esse vi sono parti che in altre traduzioni non appaiono, gettando quindi un grande dubbio sulla genuinità del suo contenuto, specialmente di quello arrivato fino ai nostri giorni (come evidenziato dalla sua ricerca Between the Ghāya and Picatrix. I: The Spanish Version).
Sicuramente era presente nella biblioteca di Pico della Mirandola, era conosciuta da Ludovico Lazzarelli, cultore dell’ermetismo, ne parlano molti ed è più che logico ritenere che fosse presente una diffusione manoscritta in tutto il XV e XVI secolo. L’opera è un concentrato di filosofia naturale, ermetismo, concezioni e teologie cosmologiche, pratiche magiche. La struttura filosofica e gnostica dell’opera vede:
- l’esistenza di una Prima Materia ovvero Dio, un’entità che avvolge il tutto, una complessa architettura alla base della creazione di ogni cosa. È l’Uno;
- la Prima Materia è incorporea e aformale, da essa tuttavia derivano intellectus definita anche mens, lo spirito, la materia, gli elementi, e gli elementata;
- lo spirito è una entità che dall’alto scende verso il basso, esso si va a posizionarsi ubi caput est ovvero va ad aggrapparsi dove è presente materia;
- esisterebbe secondo l’idea del Picatrix una materia spirituale che appartiene alle stelle e una parte corporea che appartiene alle cose della terra;
- la materia che ci circonda sarebbe, secondo questa idea, permeata di materiale spirituale, che proviene dalle stelle; ogni oggetto, animato o inanimato, è dotato di spirito, ma la quantità e qualità di questa parte spirituale si legherà alla qualità della materia, destinando una unità altamente specifica;
- l’arte magica prevede quindi la capacità di indirizzare lo spirito nella materia;
- lo strumento più valido per realizzare quest’opera è il Talismano.
Il Picatrix nei primi capitoli stabilisce che tale opera non può essere compiuta da molti, ovvero solo da coloro che hanno padronanza e conoscenza dell’astronomia, della matematica, della musica, della metafisica, della filosofia naturale; il Mago deve compiere una profonda opera di conoscenza su sé stesso prima di poter realmente vedere gli effetti della sua opera. Deve incarnare, in un certo senso, il demiurgo perché il suo atto è divino, giacché attraverso la sua opera animerà i corpi, plasmerà gli oggetti di virtù e di spiriti: compiere ciò con superficialità e senza conoscenza e padronanza delle cose significa compiere opere pericolose, o inefficaci, o che si rivolteranno contro il mago o il portatore stesso.
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