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Korai: atti votivi nell’antica Grecia, e ritualità agli Dèi con uno sguardo al Cielo

La scultura denominata Koré 670 è un esempio significativo dell’arte arcaica greca e rappresenta una giovane donna, tipicamente una sacerdotessa o una figura votiva, realizzata in marmo. Questa statua fa parte di una serie di sculture conosciute come “Korai” (il plurale di “Koré”), che erano comunemente dedicate alle divinità nei santuari, in particolare ad Atena, e venivano poste come offerte votive sull’Acropoli di Atene.

Korè 670: caratteristiche e specificità.

La Koré 670, databile intorno al 520-510 a.C., è uno degli esempi meglio conservati di queste figure e si distingue per diversi motivi. La statua segue lo schema tipico delle Korai, con la figura ritratta in piedi, vestita con un lungo peplo o chitone, spesso ornato da dettagli finemente scolpiti che rappresentano pieghe e motivi geometrici. La Koré 670 è caratterizzata da un atteggiamento elegante, con una mano che probabilmente teneva un’offerta, mentre l’altra è posizionata lungo il corpo. Il viso della Koré 670 presenta i tratti tipici dello stile arcaico: un sorriso appena accennato, noto come “sorriso arcaico”, e occhi a mandorla. Questi elementi conferiscono alla statua un’espressione idealizzata e serena, caratteristica dell’arte greca di questo periodo.

Le Korai, compresa la Koré 670, non rappresentano individui specifici ma figure ideali. Esse avevano una funzione religiosa e votiva, servendo come intermediari tra i devoti e la divinità. La scelta di rappresentare giovani donne rifletteva l’importanza delle donne nei culti religiosi e nella società ateniese. La Koré 670 è anche nota per la qualità della sua conservazione, che permette di apprezzare i dettagli finemente lavorati e l’originaria policromia, che era un elemento essenziale della scultura greca arcaica, benché oggi siano visibili solo tracce.

Pratiche votive nell’antica Grecia

Le pratiche votive nell’antica Grecia erano un elemento fondamentale della religiosità e della vita quotidiana. Gli oggetti votivi, come le Korai, venivano offerti alle divinità in segno di devozione, gratitudine o come richiesta di favori e protezione. Questi atti di devozione potevano avvenire in contesti pubblici, come santuari e templi, o privati, nei luoghi sacri delle abitazioni. Le offerte votive potevano variare enormemente in base alla divinità, al luogo e alla condizione del dedicante: si spaziava da piccoli oggetti in terracotta o bronzo, a statue di marmo di grandi dimensioni come la Koré 670. Questi doni potevano rappresentare la figura stessa del dedicante, simbolizzare il loro ruolo sociale, o raffigurare divinità minori associate alla principale divinità del tempio.

Le pratiche votive riflettevano anche la complessa relazione tra il fedele e la divinità, basata su un principio di reciprocità: si offriva un dono per ottenere una benedizione, per ringraziare per una grazia ricevuta o per garantire la protezione continua da parte della divinità. Spesso, i doni votivi venivano accompagnati da iscrizioni che indicavano il nome del dedicante e la ragione dell’offerta, permettendoci di comprendere meglio le motivazioni dietro queste pratiche.

Questi atti di devozione non erano solo individuali, ma spesso collettivi, con le città-stato greche che erigevano monumenti e altari come simboli di devozione comunitaria. Le offerte votive più grandi e imponenti, come le Korai sull’Acropoli di Atene, testimoniano l’importanza politica e religiosa di questi gesti, evidenziando il legame tra religione, identità civica e arte nell’antica Grecia.

Pratiche votive e ciclo celeste e naturale

Nell’antica Grecia, gli atti votivi erano spesso associati a particolari momenti astronomici o astrologici, riflettendo l’importanza che i Greci attribuivano ai cicli naturali e al movimento degli astri. Questi momenti erano considerati propizi per entrare in contatto con le divinità e per effettuare rituali religiosi.

Le fasi della luna avevano un ruolo importante nelle pratiche religiose. La luna nuova, in particolare, era considerata un momento favorevole per l’offerta di doni votivi e per iniziare nuove attività religiose o civili. Alcuni riti erano celebrati durante la luna piena, che era vista come un periodo di pienezza e completamento, adatto per concludere rituali o fare offerte in segno di ringraziamento.

Equinozi e solstizi erano anch’essi periodi chiave per le celebrazioni religiose. I solstizi, in particolare, erano associati alla rinascita e al ciclo della natura, rendendoli momenti adatti per fare offerte votive alle divinità legate alla fertilità, al sole e alla terra.

Anche se l’astrologia come disciplina più strutturata si sviluppò in periodi successivi, già nell’antica Grecia si riconosceva l’influenza degli astri sulla vita umana e divina. Alcuni atti votivi potevano essere eseguiti in momenti specifici in base alla posizione dei pianeti, specialmente in onore di divinità associate a particolari corpi celesti, come Apollo con il Sole o Artemide con la Luna.

Il calendario agricolo, che era strettamente connesso ai cicli stagionali e ai fenomeni astronomici, dettava anche il ritmo delle principali festività religiose. Durante queste feste, che coincidevano spesso con semine, raccolti o altri eventi naturali, erano comuni gli atti votivi, come sacrifici di animali, offerte di primi frutti, e la dedicazione di statue o oggetti preziosi.

 

Fonti Bibliografiche e suggerimenti per approfondire l’argomento
Ancient Greek Religion, J. D. Mikalson, A. Petrovic, I. Petrovic
Greek Religion, J. N. Bremmer

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