L’Astrologia non è solo previsione delle cose future per mezzo dei decreti astronomici, indicati dalle qualità delle luci. L’Astronomia è infatti la parte matematica, e razionale, da cui l’astrologo (ancora oggi) definisce le qualità delle luci e la loro disposizioni nello spazio secondo la percezione dell’osservatore nella sua sfera locale.

Tuttavia, l’Astrologia non è una scienza essendo l’Astronomia la vera parte scientifica di questa dottrina. L’Astrologia è piuttosto il “mezzo” attraverso cui possiamo arrivare a congetturare i fenomeni astronomici, dotandoli di significati diversi e che dipendono dal contesto storico / culturale di appartenenza.

Non stupisca dunque che l’Astrologia sia stata, anche e non solo nel Medioevo, materia nelle mani dei teologi e dei filosofi, e non solo dei fisici o dei medici. La conoscenza un tempo confluiva verso un complesso approccio di osservazione dei fenomeni naturali; per mezzo della matematica e della fisica si cercava di stabilire una connessione con il sacro e con le sfere del divino. L’Astrologia è forse ad oggi l’unica materia che ancora permette, ai suoi praticanti, una connessione al sacro e ai misteri della creazione perché come “metodo e strumento di indagine” ha lo scopo di comprendere i disegni del Creatore e gli effetti della provvidenza sulle cose del mondo.

DE NATURA RERUM

Nel De Natura Rerum di Isidoro di Siviglia (autore del VI/VII secolo) troviamo una trattazione molto simbolica degli accadimenti naturali, che sono invece eventi fisici e reali, quantificabili e determinabili nella loro quantità e qualità. Isidoro non si sottrae alla fisica, al contrario usa la natura come metafora:

  • il ritmo scandito dal tempo, il giorno, il mese, l’anno, le ore e i minuti, il susseguirsi delle stagioni sono entità fisiche o matematiche che collaborano o hanno una funzione anche vitale, sociale, che scandisce i ritmi del mondo, delle culture, dei singoli e della collettività;
  • il giorno che segue la notte è messo in relazione all’uomo nel suo passaggio dal male al bene o viceversa;
  • nel corso mensile la Luna alterna le vicende della storia del mondo e la vita stessa dell’uomo;
  • così il fluire delle stagioni, l’alternarsi di diversi tempi stagionali, temperamentali, l’aumento dell’umidità come della secchezza, le fasi della luna, non sono solo strumenti di una indagine sulla singola persona, ma sono eventi fisici che descrivono anche il succedersi degli eventi collettivi che tutte le creature vivono attraverso una percezione naturale che agisce fisicamente sulla propria “vita”, che seguono sempre una logica precisa, come se ogni cosa si ripetesse all’infinito, con un continuo e perpetuo ripetersi di cose ciciliche sotto cieli sicuramente diversi, o nomi / identità diverse, ma alla fine con una modalità ripetuta; insomma invecchiare è un processo naturale, che segue anche la logica del ciclo lunare da luna nuova, a fase crescente, fino al plenilunio, poi calante, e di nuovo luna nuova; il ciclo stesso della vita è “percepito” nella dinamica del cielo, nelle meccaniche celesti che sono dunque trasportate ad un linguaggio umano o comunque strettamente connesso alla vita sulla terra, luogo in cui ha sede il punto di osservazione di tali fenomeni;
  • e allora l’alternarsi di stagioni vitali (primavera ed estate) e poi quelle del deperimento e della morte (autunno ed inverno) sono per Isidoro la metafora dei cicli della Chiesa che ha periodi di grande prosperità, di bene e di successo tra gli uomini e le donne giuste, ma anche periodi di morte, distruzione, scandali, e momenti di forte difficoltà;
  • ecco che per Isidoro il Sole incarna Cristo e la Luna incarna la Chiesa, ovvero la sposa di Cristo.

Nella concezione medievale, cristiana/cattolica, il cosmo diventa un concentrato di eventi fisici, e la natura non è altro che lo strumento (o le corde vocali) che il creatore utilizza per esprimere le sue volontà, in un piano divino prestabilito e chiaro, che segue una logica ciclica. I fenomeni astronomici, quanto quelli naturali, sono quindi “linguaggi” del Creatore e che solo pochi eletti (gli astrologi sapienti) possono decifrare e comprendere:

IUXTA ALLEGORIAM,
IUXTA SPIRITUALEM INTELLIGENTIAM
MYSTICE
PROPHETICE

Che nel medioevo il ruolo della natura fosse di fondamentale importanza, nel congetturare anche le “ragioni dell’astrologia”, lo vediamo in autori successivi a Isidoro di Siviglia. Per esempio, nell’alto medioevo Rabano Mauro, nel suo De Universo, arriva a trasformare i fenomeni naturali, quindi anche quelli celesti, in allegorie, in simbologie, sempre più complesse. La Natura è quindi l’argomento, o la materia, da cui si trae la ragionevolezza dell’Astrologia. Non esistono idee generate dal nulla, ma ogni fenomeno naturale e celeste è osservato nelle sue funzioni, in ciò che suscita o genera, e da questi dati possiamo dire razionali, si deducono simbologie e ulteriori significati questa volta più simbolici, che è evidente avevano il compito di “razionalizzare” i fenomeni celesti e naturali che altrimenti privi di una deduzione e di una loro elaborazione, non hanno alcun significato.

Se al sorgere del sole tutti si destano e cominciano le loro attività produttive e lavorative, questo significa che il sorgere del luminare ha una funzione operativa, ci parla di attività, opere, azioni, nel giorno dunque si produce, si magnificano le opere dell’uomo, in una visione sanguigna o collerica. Se al tramonto del sole siamo soliti riposarci e diminuire le nostre attività, quasi come fosse un richiamo atavico e ancestrale al coricarsi e ad abbandonare gli strumenti della fatica, conseguentemente e per analogia dalla notte o dalle ore notturne avremo una serie di simbologie, allegorie e riferimenti immaginali che ci parlano di riposo, di attività oscure, di ridimensionamento, di visione melanconica o flemmatica.

Il De Universo di Rabano Mauro è l’opera principale che è stata consultata nel medioevo per la realizzazione, in quei tempi, di Lapidari e Bestiari, che seguono proprio l’idea di una natura soggetta a trasformazione-allegorica. In tal senso, anche in ambito astrologico qualsiasi fenomeno celeste, pur essendo un fenomeno fisico e calcolabile matematicamente, è investito da una serie di deduzioni e analogie perché a quel dato “fenomeno” corrispondono una serie di percezioni naturali. Va da sé che probabilmente i fenomeni più congetturati nel tempo sono stati quelli delle Stagioni, e quindi le relazioni del Sole con la Terra ma anche della Luna con la Terra, nonché i transiti sul Sole dei pianeti, la visibilità dei cinque erranti nei loro cicli sinodici. Tutto questo ha prodotto analogie e significati deduttivi.

La natura è nel medioevo il principale fondamento alla spiritualità di quel periodo, tale atteggiamento porta a investire il creato e la natura stessa di “sacralità”, ecco che il cielo diventa Figura o luogo in cui proiettare la ricerca del divino perché i misteri della vita e della creazione non possono che essere ricercati nell’infinità dei cieli e nei misteri stessi dell’universo.

LA NATURA E I PIANETI

L’autore del De VI rerum principiis (Liber Hermetis Mercurii Triplicis De VI rerum Principiis) testo che circolava ampiamente nel XIII secolo, connette il concetto di natura alle qualità dei pianeti. Scrive nella ricerca condotta da Tullio Gregory in MUNDANA SAPIENTIA, dal titolo “L’idea di natura nella filosofia medievale”, che i pianeti e le loro qualità hanno a che fare con la generazione delle cose: la natura, artifex e opifex, è la stessa qualità dei corpi celesti attraverso i quali si compie la divina disposizione operando nel mondo sublunare. Così il discorso fisico si tesse di motivi tratti dall’astrologia araba e soprattutto dal Liber De Electionibus e dal De Interrogationibus di Zahel ben Bishr e dall’Isagoge di Alcabitius.

Nell’Experimentarius di Bernardus Silvestris, filosofo e poeta platonico medievale del XII secolo, comprendiamo bene come i pianeti erano concepiti nel medioevo (e quindi anche dagli astrologi medievali). Non c’è una “credenza” nei Pianeti come Divinità, piuttosto i Pianeti sono Strumenti dell’Opera del Creatore, che li stabilizza nella loro influenza sul mondo inferiore. I Pianeti sono “creature” e strumenti dell’Onnipotente Dio, gli astri diventano i segni sensibili ove è dato leggere non più significati spirituali ma le Leggi di una Provvidenza in cui facilmente riconosciamo il fato dell’antica tradizione stoica ed ermetica, e la necessità dei loro influssi è la necessità stessa della Divina Predestinazione, suggerisce Tullio Gregory.

DETERMINISMO ASTROLOGICO

Il determinismo astrologico confluisce quindi nei filosofi del medioevo come una questione non di poco conto e viene per una parte del medioevo relazionato alla Dottrina della Provvidenza proponendo il dilemma tra libertà e fato. Scrive Tullio Gregory: Se in alcuni scritti (medievali) appare chiara la preoccupazione di limitare l’influenza dei corpi celesti al mondo fisico e non umano, in altri – ove l’influenza araba è più diretta – ai celesti cronocratori (i pianeti) è affidata la storia stessa del genere umano, dalla primitiva “ORIGO INCULTA ET HORRIDA ET AGRESTI CONVERSACIONE EFFERA”, in corrispondenza della POTESTATES TEMPORUM esercitata da Saturno, ai più civili tempi di Venere, “QUO PER GRADUS HOMINUM PRUDENTIA CREVIT”, e infine all’età dominata da Mercurio.

CONCLUSIONE

Un importante conclusione sull’Astrologia nel medioevo proviene proprio dalle ricerche di Tullio Gregory nel suo Mundana Sapientia; attualmente è uno dei pochi autori (italiani) che ho trovato non solo esaustivo, ma anche capace di una analisi storica e di contenuto priva di simpatie, soggettivismi, o “fedi” personali. L’autore di Mondana Sapientia propone una riflessione sull’Astrologia, nei tempi del medioevo, che è a mio giudizio ancora oggi di grande attualità:

Scienza che coglie il nodo dei rapporti tra cielo e terra, l’Astrologia non si configura solo come una distaccata contemplazione dell’armonia del cosmo, ma come sapere pratico che rende possibile all’uomo un intervento attivo su quei fenomeni dei quali, da spettatori, si è fatto percepire. Si leggeva nel Centiloquium: “anima sapiens ita adiuvabit opus stellarum quemadmodum seminator fortitudines naturales”. E’ questo un motivo su cui torna insistente tanta parte della letteratura magico-astrologica che dall’età ellenistica, attraverso la cultura araba, rifluiva ora nella nuova cultura medievale, ovvero il rifiuto di chiudere la libertà umana entro le eterne leggi di una necessità celeste, assumendo ora un significato preciso, offrire all’uomo un campo autonomo di iniziativa che non era richiesta solo per mettere nelle sue mani la responsabilità del proprio destino ultraterreno, ma anche per garantirgli la capacità di piegare le stesse forze celesti e compiti umani.

Quindi IL SAPIENTE DOMINERA’ GLI ASTRI è un concetto che già trapela nel Picatrix, e con maggiore forza trapelerà in Ruggero Bacone, specialmente nel XII secolo quando l’Astrologia è a tutti gli effetti un metodo di “lettura” dei fenomeni celesti e naturali, atmosferici e terrestri, dai quali si cerca di “comprendere” la volontà agente di Dio – che appunto agisce nella sua volontà creatrice nelle cose del mondo sublunare attraverso la disposizione dei pianeti, degli astri, delle luci, dei luminari – ma la conoscenza di tali fenomeni e la conoscenza stessa della natura permette anche all’Astrologo di “intervenire”, di agire non tanto per impedire un fato ma per migliorarlo il più possibile.

FONTE
Mundana Sapientia. Forme di conoscenza nella cultura medievale. Edizioni di storia e letteratura. Roma 1992. Di Tullio Gregory.

/ 5
Grazie per aver votato!